Il Super-Smacchiatore e Detersivo Incomparabile Pinkerton
Io e i paradossi di Oscar Wilde in un testo scritto per un volume che celebra i 70 anni della BUR.
La copertina del libro curato da Evaldo Violo per New Press Edizioni.
I libri ci appassionano, ci fanno piangere, ci fanno ridere, ci tengono svegli, ci fanno dormire, arredano, servono da spessore. Tra le loro tante funzioni, una mi sembra particolarmente utile. I libri ci rivelano a noi stessi: attraverso un libro riusciamo a scoprire qualche nostro tratto essenziale, che ci definisce e ci distingue. Sono arrivato a uno di questi riconoscimenti grazie a un grigino della BUR, trovato in uno scaffale di casa quando avrò avuto tredici, quattordici, quindici anni. È la storia di uno scontro di civiltà: una famiglia americana compra un castello inglese e il fantasma che lo infesta.
«È il sangue di lady Eleonore de Canterville, che fu assassinata in quel punto preciso dal proprio marito, sir Simon de Canterville, nel 1575. Sir Simon le sopravvisse nove anni e poi scomparve subitamente in circostanze assai misteriose. Il suo corpo non è mai stato ritrovato, ma il suo spirito peccatore vaga tuttora per il castello. La macchia di sangue è stata sempre molto ammirata da turisti e visitatori, e non è possibile toglierla.»
«Quante storie» gridò Washington Otis. «Il Super-Smacchiatore e Detersivo Incomparabile Pinkerton la farà sparire in due secondi.»
Fin dalle prime pagine, ho capito che l’umorismo fondato sul paradosso, il gusto della parodia, il senso teatrale delle battute che Wilde sparge a piene mani nel Fantasma di Canterville erano la mia tazza di tè. Aggiungo che, poco prima o poco dopo che leggessi il libro, avevo visto un adattamento televisivo in cui il fantasma era interpretato da David Niven, suprema incarnazione di eleganza, svagatezza e humour inglesi.
David Niven nel film per la tv Il fantasma di Canterville (1974).
Io sono onnivoro, a tavola e con i generi letterari, ma so che l’umorismo inglese sarà sempre casa mia. E Il fantasma di Canterville mi ha rivelato un altro mio debole, quello per la sapiente commistione di generi: trovo irresistibile la vena di horror gentile, romantico e patetico, che percorre il finale, quando il fantasma ha bisogno di un’anima innocente che interceda per la sua salvezza:
Animali immondi con code di lucertola e occhi sgusciati la fissarono di soppiatto dalla cornice del caminetto scolpito e mormorarono: «Attenta, piccola Virginia! Attenta! Potrebbe darsi che non ti vediamo mai più!»
Il fantasma di Canterville e altri racconti è il terzo volume della Biblioteca Universale Rizzoli. Il primo, I promessi sposi, era una scelta quasi obbligata per una collana che si proponeva di mettere i classici alla portata di tutte le tasche. Non stupisce che il secondo fosse Teresa Raquin di Emilio Zola (l’italianizzazione dei nomi era la norma, come dimostrano Guglielmo Shakespeare, ottava uscita con Otello, e Volfango Goethe, diciannovesima con Il primo Faust), vista la popolarità del romanzo francese dell’Ottocento. La presenza in terza e in quarta posizione di questo Wilde e di un libro di deliziose storie naturali come La grande lezione dei piccoli animali di Marcel Roland (caso rarissimo, oltre tutto, di autore vivente in catalogo) testimonia, nei creatori della prima BUR, una certa dose di eccentricità che forse non era così scontata nell’Italia del 1949; d’altra parte, uno scopo esplicito della collana era di offrire, «anche ai meno abbienti», «libri scelti di amena lettura». E di amenissima lettura è l’altra gemma contenuta nelle 92 paginette di cm 10,5 x 15,7 che ospitano non solo Il fantasma di Canterville ma anche altri racconti: Il delitto di lord Arthur Savile, esempio perfetto di profezia che si autoavvera.
Poco prima delle nozze, il giovane lord Savile si fa leggere la mano da un chiromante e apprende di essere destinato a commettere un omicidio. In base alla ferrea logica del paradosso così tipica di Wilde, il protagonista si mette in cerca di qualcuno da ammazzare, in modo da sbrigare la pratica prima del matrimonio. Siccome è un giovane dabbene, vuole ridurre il più possibile il danno: sceglie quindi prima una vecchia zia, poi lo zio decano… Nonostante l’aiuto di un giovane conte russo «di tendenze estremamente rivoluzionarie» e di un bombarolo tedesco che non lavora per denaro ma solo per la sua arte, i suoi elaborati piani falliscono, costringendolo a rinviare ripetutamente le nozze.
Qui, gli elementi in cui mi sono subito riconosciuto sono da un lato la leggerezza, o addirittura la frivolezza («Tutta l’arte è perfettamente inutile», no? Lo dice Wilde nel suo libro più famoso, pubblicato in BUR nel 1951), e dall’altro l’inesorabile meccanismo a orologeria del racconto, che precipita sicuro verso il finale a sorpresa. Naturalmente non lo svelerò: spero che qualcuno sia tanto fortunato da non aver ancora letto Il delitto di lord Arthur Savile.
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Post scriptum 1. Il Super-Smacchiatore e Detersivo Incomparabile Pinkerton in apparenza non supera la prova del sangue, ma non per colpa sua.
Post scriptum 2. A testimonianza della mia lunga fedeltà al Fantasma di Canterville, segnalo che ho usato il brano dello Smacchiatore Pinkerton, un po’ adattato, come esercizio sui pronomi relativi in La grammatica ti salverà la vita (Feltrinelli Kids 2012); e naturalmente l’ho infilato anche nell’Agenda BUR70 2019, nella pagina del 5 gennaio.
Post scriptum 3. Il grigino del Fantasma di Canterville e altri racconti non è più nella mia libreria. Quindi devo citare una frase di Cesare Marchi, in un libro (Siamo tutti latinisti) anch’esso finito nel catalogo BUR: «L’ex libris serviva anche a ricordare agli smemorati il nome del proprietario del libro avuto in prestito, e il dovere di restituirlo. Cosa che avviene raramente. Perciò quando vi chiedono di prestare un libro, siate generosi: regalatelo. Il risultato finale è lo stesso, e in più fate bella figura».
Questo testo compare nel volume Io e la BUR. Scrittori, studiosi, lettori raccontano la Biblioteca Universale Rizzoli, curato da Evaldo Violo (che nel 1973 fu chiamato da Mario Spagnol a rifondare la BUR e ne fu il direttore editoriale per quasi 30 anni) e pubblicato da New Press Edizioni nella collana Contromossa, diretta da Andrea Di Gregorio.