Stress, assilli ed estri
Lezione di stile: conoscere nomi e abitudini (deprecabili) di alcuni insetti per evitare parole logore e brillare in società.
Stress, con i suoi derivati come il verbo stressare e il participio-aggettivo stressante, è entrato da decenni in italiano (lo Zingarelli lo data 1955). Perché espressioni come “Che stress!” o “Non mi stressare!” sono particolarmente moleste? Non tanto per la loro origine straniera, quanto perché sono parole consumate dall’uso, ripetute in qualunque circostanza, che banalizzano l’emozione provata e non riescono a trasmetterla con efficacia. Se volete che chi vi sta, appunto, stressando si fermi a riflettere sul suo comportamento, forse sarà il caso di ricorrere a espressioni meno scontate: “Che assillo!”, “Non mi assillare!”.
Sapete cos’è – in senso proprio, non figurato – l’assillo? Un insetto come il tafano, le cui femmine succhiano il sangue degli animali al pascolo. La parola italiana deriva dal latino asilus, “tafano”. Attraverso una similitudine, la parola ha assunto il senso figurato – l’unico, ormai, nell’italiano corrente – di “pensiero tormentoso”, un’idea che, come il tafano, non si riesce a scacciare e torna in continuazione.
In latino, sinonimo di asilus era œstrus (derivato dal greco oîstros). E anche in italiano – e in zoologia – l’estro è un insetto che tormenta gli animali, facendo cose peggiori del tafano (le larve crescono nello stomaco, nelle mucose nasali, nella pelle delle povere bestie, provocandone il deperimento e, in alcuni casi, la morte). Non c’è da meravigliarsi, dunque, che in presenza degli estri buoi, cavalli e pecore si abbandonino a manifestazioni di furore e terrore, e scappino via.
Già in greco e in latino, la parola ha assunto un senso metaforico: la creazione poetica o il dono della profezia erano associati al “furore”, all’atto della divinità che si impossessa del poeta o della profetessa (è il “pungolo” che genera quello stato). Perciò estro è passato a indicare il “furore” e l’”ispirazione”, e sono i significati che ha mantenuto la parola in italiano, a cui si sono aggiunti quelli di “desiderio”, “smania”, “ghiribizzo” (e anche di “calore” delle femmine degli animali durante l’ovulazione). E troviamo il ricordo del significato originario nella possibilità di usare, con queste parole, il verbo pungere: “mi punge il desiderio”, “mi punge vaghezza”, “mi punge l’estro”.
E adesso, dopo questa divagazione etimologica, come potrete dire “Che stress!”, quando avete la possibilità di dare del tafano alle persone moleste?
Questo brano proviene, con qualche modifica, dal mio libro È più facile scrivere bene che scrivere male, Ponte alle Grazie 2011, pp. 145-146 (pp. 197-198 nell’edizione 2017 nella Biblioteca della lingua italiana del Corriere della Sera).