Come diavolo si scrive, quest’aggeggio?
C’è un popolare elettrodomestico che ha un nome poco maneggevole: asciugacapelli. Infatti di solito lo si chiama in un altro modo. Ma come si scrive il nome familiare dell’asciugacapelli?
A. Fon
B. Phon
C. Föhn
Attenzione, è una vera domanda trabocchetto: pensate bene prima di rispondere.
In effetti si tratta di una romanda trabocchetto, ma solo per chi la fa, non per chi deve rispondere. Io per me non avrei dubbi: la risposta esatta è la A. Però i dizionari ammettono tutte e tre le forme, e quindi non posso prendervi a bacchettate sulle dita se avete scelto la B o la C. La scheda che segue, tratta con qualche taglio e adattamento dal mio Italiano. Corso di sopravvivenza (rubrica “Strane storie di parole”), vi spiega come stanno le cose.
L’utile elettrodomestico che produce un getto di aria calda per asciugare i capelli in italiano ha due nomi: uno lungo, che parlando si usa di rado, ed è asciugacapelli; l’altro breve, comunissimo, familiare, che si pronuncia fon e di solito viene scritto phon. Però, quando si scrive, si preferisce usare asciugacapelli, perché la parolina tanto comoda quando si parla genera, a ragione, qualche dubbio di ortografia. Da dove viene quel phon? Ha un’aria straniera, come dimostra quel ph. Infatti viene da una parola tedesca, Föhn, che indica un vento caldo che scende dalle Alpi. Siccome dall’asciugacapelli esce una specie di vento caldo, con uno slancio poetico e metaforico l’elettrodomestico ha ricevuto (in origine come marchio industriale) il nome del vento. Il suono tedesco ö si è italianizzato (“per una pronuncia abusiva dei parrucchieri”, secondo il linguista Bruno Migliorini) e il risultato è stato fon (anche se i dizionari insistono a mettere föhn come prima forma per l’asciugacapelli: ma chi si azzarderebbe a dire föhn per fon?). Dai parrucchieri dipende probabilmente anche la conseguente coniazione del verbo fonare. Nell’Italia centromeridionale il fon si è sempre più italianizzato, fino a diventare il fono (ma questa forma sui dizionari non c’è).
Nonostante le apparenze, fon (o l’ipotetico phon) non è una parola come film, sport, coupé, computer: in una palestra inglese non si sentirà “Could you pass me that phon, please?”. Benché derivi da una parola straniera, fon (o phon) è in verità una parola italiana.
Allora, da dove salta fuori quel ph? Se cercate su un dizionario, phon (o fon) è un’unità di misura della sensazione sonora (infatti viene dal greco phoné che vuol dire “voce”, “suono”). Ma nel fon che ci interessa, scrivere phon è un po’ come scrivere Phaust per indicare il Faust di Goethe. Perché allora lo si vede (o lo si “pensa”) scritto col ph? Probabilmente perché fon, con quelle tre misere letterine, fa la figura del parente povero, o dell’errore di ortografia; e allora si è cominciato a inserire l’esotico gruppo ph per dargli quella nobile aria straniera che merita un elettrodomestico tecnologicamente avanzato (come alcune Sofie che si firmano Sophia, ma nel caso di fon non c’è nemmeno la scusa dell’etimologia). Non bisogna nemmeno sottovalutare il fatto che due o tre marche di elettrodomestici avessero il gruppo ph nel nome.
Allora, come diavolo dovete scriverlo, quell’aggeggio? Io, personalmente, scrivo fon. Detto questo, siccome l’uso è sovrano, il mostriciattolo col ph da un po’ di tempo è riuscito a entrare nei vocabolari, e purtroppo ce lo terremo.
Due considerazioni aggiuntive. La prima è che la h effettivamente deve suonare chic, e non solo in italiano. Prendete il caso della versione inglese del nome Antonio. Antonio deriva da un nome romano di probabili origini etrusche, Antonius. In latino non c’è nessuna h, e anche la versione greca si scrive con la tau (t), non con la theta (th). In tutte le principali lingue moderne, il nome ha sempre e solo la t (Antoine, Anton…), e anche in inglese la versione “regolare” è Antony (la tragedia di Shakespeare si chiama Antony and Cleopatra). Ma a partire dal Rinascimento in Inghilterra si è diffusa la paretimologia (cioè un’etimologia falsa, inventata) che associava il nome alla parola greca ánthos, “fiore”, o magari ad ánthropos, “uomo”: due parole con il th, che dunque è entrato abusivamente nel nome. Così oggi non solo Anthony è molto più diffuso, ma addirittura Antony pare un errore.
La seconda considerazione è che un quiz in cui tutte le risposte sono giuste non sarà un gran quiz, ma attraverso la strana storia della parola Föhn/fon/phon (e di Antony/Anthony) ci insegna una cosa di cui converrà tener conto: talvolta l’evoluzione della lingua e le scelte dei vocabolari non obbediscono a criteri razionali.
Giannantonio in arte Nino
Grazie Massimo: in effetti io avrei detto phon….. Bella idea quella del blog “gr ammalano”!
Ciao ciao dalla Spagna
Nino
Emy Canale
È interessante notare che in inglese britannico il nome Anthony ha conservato l’antica pronuncia di Antony /ˈæntəni/, mentre nell’inglese americano e australiano si pronuncia più spesso con il suono del th interno, /ˈænθəni/.
Ciao, Massimo!
Massimo Birattari
Ben arrivata, Emy, e torna spesso (anche se in questo momento la mia produttività,in termini di post, è abbastanza scarsa).
Emy Canale
Ah! Io ho sempre scritto fon e corretto implacabilmente i vari *phon, *Föhn ecc.
Emy Canale
Questo tuo blog è veramente magnifico, Massimo, sotto ogni punto di vista, incluse la grafica e l’architettura. Bravissimo!
stefania
non posso credere che davvero la grafia “phon” per “fon” sia entrata nei dizionari di italiano…in quali? dimmi!! a che pagina!? fai le foto! non ho parole, davvero…
Massimo Birattari
Il Treccani online lo riporta, con un’avvertenza (“meno giustificatamente”), ma lo riporta: “nel significato di fon1” (cioè di asciugacapelli):
http://www.treccani.it/vocabolario/phon
Lo stesso il De Mauro online (https://dizionario.internazionale.it/parola/phon), con un rimando anche qui a 1fon, e una pudica marca d’uso BU (cioè phon sarebbe “di basso uso”, mentre fon sarebbe CO, cioè “di uso comune”: illusi).
Quanto allo Zingarelli, aggiungerò adesso la foto alla fine dell’articolo (foto dello Zingarelli 2012 per iPad, identico però a quello stampato).
stefania
grazie.
mi sento autorizzata a mettermi a piangere in un angolino.
online avevo trovato queste fonti che indichi, sì, ma zingarelli mi sorprende davvero.
posso solo contare sul buon senso dell’ottimo devoto-oli, mi auguro. nell’edizione 2002-2003 riporta ancora cose sensate. chissà oggi…chissà la crusca…
Rossa
Sempre un piacere passare di qui Mi unisco a tutti voi nell’ovvia preferenza per la forma “fon” e al tuo “illusi” rivolto alla redazione del De Mauro online.