Dall’italiano degli urbanisti, libera nos Domine
Leggere un comunicato stampa su un (bel) progetto milanese e tornare giovani (agli anni Settanta e alla loro esecrabile lingua).
Premessa: il progetto di riqualificare due scali ferroviari di Milano sarà sicuramente bellissimo e migliorerà una città già bella (a me Milano piace), ma il comunicato stampa sembra uscito da un manuale di brutta scrittura. Pare un fossile degli anni Settanta, quando architetti e urbanisti – insieme a sindacalisti, politici, sociologi, psicologi e accademici in generale – promuovevano e praticavano una lingua oscura, astratta, farraginosa, pesante, legnosa, anzi di lamiera. (Fidatevi di uno che c’era: in media, si scrive meglio oggi.)
Leggo sui giornali che, appunto, è stato scelto il progetto per trasformare due scali ferroviari milanesi, in via Farini e a San Cristoforo. La descrizione mi lascia un po’ perplesso:
Il progetto di OMA e Laboratorio Permanente propone due nuovi dispositivi ambientali: l’uno verde – un grande bosco lineare presso scalo Farini in grado di raffreddare i venti caldi provenienti da sud-ovest e di depurare l’aria dalle particelle più tossiche; l’altro blu – un lungo sistema lineare a San Cristoforo per la depurazione delle acque, che definisce un paesaggio per realtà umane e non-umane.
Mi rendo conto di non sapere che cos’è un bosco lineare; spero che si tratti di alberi a fusto molto alto (minimo 100 metri), se vogliamo raffreddare i venti caldi (e mi viene in mente, en passant, che lo scalo Farini è verso la periferia nord, quindi il 90 per cento della città i temibili venti caldi del sud-ovest se li beccherà comunque); ho qualche dubbio che bastino le piante per “depurare l’aria dalle particelle più tossiche”; e cosa vorrà dire “defini[re] un paesaggio per realtà umane e non-umane”? Decido di controllare l’intero comunicato stampa (che trovate qui). E trovo frasi del genere:
Il progetto si inserisce nella strategia del comune di Milano per l’adattamento ai cambiamenti climatici e la resilienza urbana attraverso il ruolo delle alberature e degli specchi d’acqua che permettono di raffrescare l’aria per la città e ridurre l’impatto sulla salute delle persone dell’inquinamento.
L’“impatto sulla salute delle persone dell’inquinamento” è il ben noto caso dei “pastelli per bambini tossici”, resilienza è una parola di moda, e non mi è chiarissimo cosa si intenda per “resilienza urbana”, raffrescare è una scelta lessicale direi singolare. Poi la parola passa allo studio vincitore:
In Farini una griglia urbana di verde attrezzato e spazi pubblici definisce relazioni di continuità con il contesto circostante e si rende resiliente allo sviluppo economico della città prendendone in prestito i principi insediativi. San Cristoforo diventa un common ground alla scala metropolitana per la comunità umana e non.
Cosa diavolo vuol dire “si rende resiliente allo sviluppo economico della città prendendone in prestito i principi insediativi”? Perché common ground ? Che cos’è la scala metropolitana (non ha la maiuscola, non è il teatro), che relazione sintattica ha col common ground? La comunità non umana è quella dei piccioni, dei ratti, delle carpe?
Perché scrivere così? Non era meglio fare solo un bel disegno?
Marath Krieg
Una domanda mi nasce spontanea, ma questi testi, che considero bestialità linguistiche, sono da considerare lingua italiana?
PS Grazie di aver creato questo posto bellissimo
Massimo Birattari
Grazie dei complimenti (ma non produco molto per questo povero blog).
Quanto alla domanda: sì, testi simili vanno considerati lingua italiana; brutta, ma comunque italiana. Io però (lo ripeto) sono passato attraverso gli anni Settanta, e posso garantire che dal punto di vista linguistico non si stava meglio; anzi, la lingua astrusa, oscura, piena di cliché dilagava nella politica, nell’urbanistica, nella sociologia, nella psicologia e in generale nelle discipline accademiche.