Tu, lei, voi nella storia dell’italiano
Come ci si è rivolti agli interlocutori nei secoli della letteratura e della lingua italiana? Una carrellata di esempi per farsi un’idea generale sul tu, il voi, il lei e anche il loro.
Nel latino classico (come in greco) non c’erano forme di rispetto: tutti si davano del tu. Un’eco di quest’uso permane nella Commedia di Dante, che si rivolge con il tu a quasi tutti i personaggi che incontra, tranne i pochissimi ai quali, in segno di rispetto, tributa il voi: tra gli altri, Farinata degli Uberti, Brunetto Latini («Siete voi qui, ser Brunetto?»), Guido Guinizzelli. Nel Paradiso, quando incontra l’avo Cacciaguida, Dante passa al voi, e dice (Par., XVI, 10-12);
Dal `voi’ che prima a Roma s’offerie,
in che la sua famiglia men persevra,
ricominciaron le parole mie;
Dante credeva che il primo a ricevere il voi di rispetto fosse stato Cesare (in realtà, il voi onorifico comparve nel mondo romano solo nel III secolo d.C.); in più ci dice che ai suoi tempi i romani non usavano il voi, ma sempre il tu (lo stesso accade anche oggi in molti dialetti dell’Italia centrale).
Fino al Quattrocento, in italiano viene molto usato il semplice tu, e l’eventuale forma di rispetto è il voi. Nel Cinquecento, anche per l’influsso spagnolo (dato che erano gli spagnoli a dominare in Italia), prende piede la terza persona, che in origine è l’accordo richiesto da un titolo onorifico come Vostra Signoria, Vostra Altezza o (esagerando) Vostra Magnificenza. In questi esempi tratti da lettere di Niccolò Machiavelli a Francesco Guicciardini (1526), notiamo un’incertezza: se si comincia con Vostra Signoria, si deve proseguire con il lei o con il voi?
Signor Presidente. I’ credetti avere a incominciare questa mia lettera, in risposta all’ultima di Vostra Signoria, in allegrezza, et io la ho a cominciare in dolore, avendo voi avuto un nipote tanto da ciascuno desiderato, et essendosi poco appresso morta la madre.
Magnifico et onorando messer Francesco. Io ho tanto penato a scrivervi, che la S. V. è prevenuta [cioè: «mi ha prevenuto»].
In seguito l’uso diventa uniforme: a una Vostra Signoria ci si rivolge con il lei. Nel Dialogo sopra i due massimi sistemi, Galileo usa il lei nella dedica al granduca Ferdinando II de’ Medici, chiamato «Vostra Altezza»:
Con che pregandole prosperità, per crescer sempre in questa sua pia e magnanima usanza, le fo umilissima reverenza.
I personaggi del dialogo si danno invece del voi:
SIMPLICIO. Di grazia, signor Salviati, parlate con più rispetto d’Aristotile.
Fino all’Ottocento, dunque, esistono tre livelli: il lei (che è spesso Ella quando è soggetto) è il segno del massimo rispetto, tributato ad alte autorità o a interlocutori illustri, a cui magari ci si rivolge per la prima volta (ma talvolta spetta anche ai genitori); il voi, meno formale, indice di rispetto «fra pari» (o rivolto ai genitori, come si è continuato a fare in molte regioni italiane fino a un paio di generazioni fa); e il tu per amici, parenti e «inferiori». Nei Promessi sposi, per esempio, Perpetua dà del lei a don Abbondio, che le risponde con il voi; Lucia dà del voi alla madre Agnese; fra Cristoforo dà del tu a Renzo e del voi a Lucia; don Rodrigo dà del lei a fra Cristoforo (e notate la concordanza al femminile):
«Eh via! sappiamo che lei non è venuta al mondo col cappuccio in capo, e che il mondo l’ha conosciuto.»
Anche fra Cristoforo si rivolge con il lei a don Rodrigo, ma nel tempestoso dialogo del VI capitolo passa al voi, ricevendo in cambio un «Come parli, frate?…»
Se leggiamo le lettere di Leopardi notiamo la differenza d’uso fra lei e voi. Quando, nel 1817 (ha diciannove anni), Leopardi invia una sua traduzione al celebre poeta Vincenzo Monti, usa ella (minuscolo; ma il rispetto è altissimo):
Riceverà per mia parte dal sig. Stella, miserabilissimo dono, la mia traduzione del secondo libro della Eneide, anzi non dono, ma argomento di riso al traduttore della Iliade primo in Europa, e al grande emulo del grande Annibal Caro. Ed ella rida, ché il suo riso sarà di compassione, e la sua compassione più grata ed onorevole a me che l’invidia di mille altri.
Nella risposta di Monti c’è un analogo rispetto, ma il pronome usato è voi, dato che l’interlocutore è un giovane (seppur di genio):
Dico adunque, e il dico sinceramente, che la vostra versione del secondo dell’Eneide mi è piaciuta e mi piace sopra ogni credere. […] Siate contento, anzi superbo dei primi passi che avete fatto [in questa carriera]. E state sano. Vostro Obbligatissimo Servitore ed Amico,
VINCENZO MONTI
In generale, Leopardi può passare dal lei al voi quando con un corrispondente si stabilisce un legame di stima e consuetudine reciproche. Ma a un particolare corrispondente si rivolge sempre in terza persona, come in questa lettera del 1835, in cui notiamo che l’uso dell’affettuoso papà non implica una rinuncia al formalissimo (e costante) Ella:
Mio caro Papà. Spero ch’Ella sarà contenta dell’acclusa, ch’Ella suggellerà.
Nell’epistolario di Manzoni si nota, almeno nei primi decenni dell’Ottocento, lo stesso trapasso dal lei al voi quando i rapporti si stringono. Ma col passare degli anni (Manzoni muore nel 1873) ci accorgiamo che l’unica forma di rispetto impiegata è il lei, anche quando con l’interlocutore c’è una divertita confidenza. Leggete questo messaggio del 1868 a Emilio Broglio, a cui invia una lettera destinata al lessicografo Pietro Fanfani:
Veneratissimo Amico, con quella libertadascia a cui m’ha avvezzo, Le accludo questa lettera per il Sig.r Fanfani, non conoscendo il suo recapito, e sapendo che la fama di scrittore non basta sempre a guidare un portalettere. Mi scusi, mi voglia bene e mi creda
Tutto Suo
ALESSANDRO MANZONI
Come si vede, quest’uso è già quello moderno. La terza persona soppianta il voi. Nella battuta seguente, da Così è (se vi pare) di Pirandello, rappresentata nel 1917, viene usata in un dialogo fra vicini di casa: al plurale (come oggi non si fa più):
SIGNORA FROLA – Oh, ma per carità, non pensino male di lui! È un così bravo giovine! Buono, buono… Lor signori non possono immaginare quanto sia buono! Che affetto tenero e delicato, pieno di premure, abbia per me! E non dico l’amore e le cure che ha per la mia figliuola. Ah, credano, che non avrei potuto desiderare per lei un marito migliore!
Il voi resta idiomatico soprattutto a Napoli. E nel racconto Il «guappo», tratto dalla raccolta L’oro di Napoli (1947), Giuseppe Marotta può (anzi deve) scrivere in un dialogo:
«Dovevate dirmelo che foste derubato sul marciapiede sinistro di Via Soria e non sul destro!»
Questo brano proviene da Italiano. Corso di sopravvivenza, TEA 2015, pp. 131-134
Massimo Esse - BN
Scrivo da una città dell’Italia meridionale.
Poiché siamo in democrazia e presupponiamo una generale uguaglianza tra gli appartenenti al genere umano, proporrei di utilizzare senz’altro il voi, accanto al lei, nel rivolgersi ad estranei, autorevoli e degni di rispetto o no che siano, o anche a conoscenti con cui si vogliono intrattenere rapporti solo formali o con cui non si è in confidenza; e di riservare il tu ai rapporti amicali o per significare grande vicinanza e confidenza (a patto che sia reciproca), ammettendo peraltro l’uso del voi anche tra grandi amici.
Io mi regolo così.
Evidenzio inoltre che la terza persona plurale “loro” è stata molto in voga, per quanto posso ricordare, nei dialoghi dei film italiani (commedie all’italiana) degli anni ’50 e ’60.
Massimo Esse - BN
Scrivo da una città dell’Italia meridionale. Poiché siamo in democrazia e presupponiamo una generale uguaglianza tra gli appartenenti al genere umano, proporrei di utilizzare senz’altro il “voi”, accanto al “lei”, nel rivolgersi ad estranei, autorevoli e degni di rispetto o no che siano, o anche a conoscenti con cui si vogliono intrattenere rapporti solo formali o con cui non si è in confidenza; e di riservare il “tu” ai rapporti amicali o per significare grande vicinanza e confidenza (a patto che sia reciproca), ammettendo peraltro l’uso del “voi” anche tra grandi amici.
Io mi regolo così.
Evidenzio inoltre che la terza persona plurale “loro” è stata molto in voga, per quanto posso ricordare, nei dialoghi dei film italiani (commedie all’italiana) degli anni ’50 e ’60.
Massimo Birattari
Perdoni il ritardo nella risposta (mi era sfuggito il commento). Io visito piuttosto spesso l’Italia meridionale, e trovo piacevole il voi. Ho notato però che molti insegnanti spingono i ragazzi a usare il lei, perché percepiscono il voi come dialettale. Non hanno torto nemmeno loro. Come spesso succede, conta la consapevolezza linguistica (e gli italiani regionali sono tanti).
Golia raffaele
Buongiorno .
In relazione all’ utilizzo del voi oppure del lei, io ritengo il lei da utilizzare quando i rapporti siano piu formali e quando si intende mantenere distanza.il voi invece lo utilizzo nei rapporti parentali oppure amichevoli nei quali non intendo mamtenere distanza. Il voi mi sembra piu confidenziale ma intriso di grande rispetto
Olga Bianchini
Io abolirei sia il voi che il lei che mettono distanze tra le persone. Siamo tutti esseri umani e il tu secondo me è la modalità più giusta di rapportarsi, i romani davano del tu anche all’imperatore. Il rispetto non viene dal lei o dal voi, ma dal cuore della persona.
Etrusco Viola
Non userò nè il Lei nè il Voi: totalmente d’accordo con TE…!
PIERA
il “voi” è compreso ad ogni livello sociale , come il “tu”
mentre il ” lei ” è di difficile applicazione o interpretazione per chi, non è avvezzo ad usarlo quotidianamente quindi, penso sia preferibile non adoperarlo se non in casi del tutto eccezionali .
Massimo Birattari
La mia scheda considerava l’evoluzione dei pronomi di rispetto nella storia della lingua italiana. Per quanto riguarda l’italiano odierno, contano molto le varianti regionali, e all’interno di quelle i differenti contesti sociali, di età eccetera. Quindi in alcuni contesti va benissimo preferire il voi, che però viene avvertito come non standard da molte persone che pure lo usano (ho parlato più sopra delle raccomandazioni che spesso ascolto quando visito alcune scuole del Sud).
PIERA
Sono lieta di essere tra “voi ” a commentare ma,
la nostra epoca riferita ai compiuter
usa tali termini con difficoltà poi che, in democrazia
mescolati, convivono e dialogano cittadini
acculturati e non che, trovano nel discorsivo difficoltà a comprendere il pronome ” lei ”
per che di difficile applicazione .
Frequentando da tempo ( sono una ex docente
della scuola dell’obbligo ) ragazzi di disomogenea provenienza ho preferito, utilizzare
il più semplice ” voi ” che in seguito
ho preferito per essere compresa da tutti .
La trasparenza d’ogni mia lezione e conversazione
ne ha tratto indubbio vantaggio ..
Elisa
Io sono d’accordo con Olga Bianchini. Senza contare che il Lei è ambiguo,essendo in realtà pronome di 3ª persona singolare femminile,esattamente come lui è di 3ª persona singolare maschile. Utilizzarlo così lo sfoglia un pó di questo suo significato,ed italiano non avremmo questo problema! Inoltre penso che non aiuti a parlare correttamente es: invece di dire “le regalo qualcosa”, porta molti a dire “gli regalo qualcosa”, perché “le”,viene associato alla formalità (non stó dicendo che sia l’unico motivo per quest’errore, ma di certo non aiuta a non commetterlo)
Sara Alverà
Buonasera,
Ho trovato questo articolo molto interessante. Quello che non mi è chiaro è a cosa sia dovuta la persistenza dell’uso del “voi” in Campania, mentre nel resto d’Italia si è passati al “lei”..
Sarei felice se potesse illuminarmi in proposito.
Massimo Birattari
Buongiorno. Il “voi” persiste non solo in Campania, ma anche in altre zone del Sud (per esempio in Puglia). La ragione è semplicemente che in quei dialetti (in quelle lingue regionali) il pronome di cortesia è il “voi”, e tende a mantenersi anche quando si parla in italiano. In altre lingue regionali il pronome di cortesia è quello di terza persona singolare.
anita ricci
Io spero che presto si arrivi ad usare solo il Tu,
Per essere più democratici, più cittadini del mondo, e anche per ritornare al latino antico
Massimo Birattari
Il tu di fatto oggi si usa più di 40 anni fa. Non ha solo vantaggi, secondo me…
Antonella
Io penso che a Bologna il voi si dia ai servi adeguatevi.
Massimo Birattari
A chi è rivolto il “voi” di “adeguatevi”?
Anna. Filice
É davvero spiacevoles sentirsi dare del tu da persone appena conosciute con le quali non si ha , di fatto , alcuna familiarita’ per me si tratta di un errore grassolano che svaluta immediatamente chi lo commette.Nnon mi dilungo sui perché facilmente intuibili
Anna. Filice
Molto interessante é risultato per me questo excursus puntuale sull ‘ uso del voi , lei, attraverso i popoli ed i secoli.non apprezzo, , per usare un eufemismo, infatti ciò che accade, quando entrando in un negozio, ci si sente dare del tu , da una commessa, magari di 18 anni !!!! Questo però accade solo in negozi poco qualificati, dozzinali
Klaudia Sambla
Io trovo estremamente affascinante la ricchezza di una lingua che prevede diverse forme di interlocuzione tra persone (Lei/Voi/Tu) modulandole in base alla natura del rapporto e stimolando ognuno ad imparare sfumature di linguaggio.
Secondo me la semplificazione sarà più moderna, ma appiattisce.
Elena Bertuzzi
È così difficile imparare a parlare e a scrivere secondo l’italiano corrente? Credo basti studiare, leggere, praticare… ormai si tende a semplificare tutto, continuamente, soprattutto a causa della scrittura digitale. E scrivono togliendo le maiuscole, le acca, la punteggiatura, ecc… a me disturba il tu usato da una commessa ventenne, per esempio, soprattutto se usato con noncuranza. Mi fa sentire più giovane? Semplifica il linguaggio? All’inglese, certamente, perché tutto deve essere sempre più rapido. Se bastasse il tu a rendere gli uomini tutti uguali firmerei subito! Invece il Lei può essere meraviglioso, perché aiuta a mantenere le distanze, a volte fondamentali nei rapporti umani.