Microlezioni di grammatica: 4. Meglio una ripetizione di un sinonimo stupido

A proposito di scrittura e stile, un articolo per www.illibraio.it in cui provo a riflettere sui modi migliori per arricchire il lessico dei ragazzi attraverso un lavoro sui sinonimi (che naturalmente non esistono).

 

 

Leggete questo brano di Aldo Buzzi:

“Come sta?” dissi.

“Ho preparato una proposta da sottoporre al ministro della giustizia per punire una categoria di persone che mi dà fastidio in modo particolare.”

“Per esempio?” dissi.

“Per esempio quelli che, dopo aver nominato New York, se devono nominarla un’altra volta, dicono la Grande Mela. Per questi la pena dovrebbe essere l’ergastolo.”

“Accidenti!” dissi.

“Sì, ma non solo per questi. Anche per quelli che, dopo aver nominato il dollaro, se devono nominarlo una seconda volta, dicono il biglietto verde; o, se devono nominare l’oro una seconda volta, dicono il metallo giallo. E stessa pena per quelli che dopo il pallone, invece di ripetere il pallone dicono la sfera di cuoio. Ergastolo senza le solite riduzioni di pena.”

(Aldo Buzzi, La lattuga di Boston, Ponte alle Grazie 2000)

 

Con le buone maniere (l’ergastolo), l’amico immaginario di Buzzi vorrebbe convincere gli italiani (in particolare i giornalisti) che inserire una metafora stereotipata danneggia la scrittura ben più della ripetizione di una parola precisa. Le cose peggiorano quando dai cliché si passa agli ammiccamenti per addetti ai lavori: nei siti di tecnologia leggerete, per non ripetere Apple, la casa della Mela o, ancora peggio, Cupertino (cioè il nome della cittadina californiana dove c’è la sede della Apple, così come si dice Washington per indicare il governo degli Stati Uniti); in quelli di informazione potrete trovare “il quotidiano di Largo Fochetti” (per non ripetere “la Repubblica”) o “via Solferino” (per il “Corriere della Sera”). E il terrore delle ripetizioni genera goffaggini: un giornalista ha appena parlato di una fotografa, dovrebbe usare il verbo fotografare ma capisce di non poterlo fare e allora usa il (presunto) sinonimo immortalare (ne ho parlato qui).

 

Ecco, questo terrore delle ripetizioni viene dalla scuola, così come il disprezzo per verbi dignitosissimi come dire, fare, andare. Sia chiaro, l’arricchimento lessicale è uno degli obiettivi da raggiungere nell’insegnamento dell’italiano, e le ripetizioni possono essere molto moleste. Ma è sbagliato credere e far credere che la ripetizione sia il male assoluto. Per me, i sinonimi (presunti sinonimi) inutili, stupidi, sbagliati sono peggio.

 

Ha girato e forse ancora gira in internet un elenco di “100 parole colorate da usare al posto di dire”. La lista è stata molto condivisa, soprattutto da insegnanti in cerca di spunti per arricchire il lessico dei loro alunni. Si tratta di cento verbi alla rinfusa, nudi e crudi, senza definizioni, spiegazioni, esempi d’uso. Tra loro, verbi onestissimi come raccontare, rispondere, consigliare; altri certamente utili, perché consentono di comunicare significati precisi usando un verbo solo: bisbigliare, urlare, spifferare; altri mal presentati: negare, bocciare, respingere, smentire non sono sinonimi di dire, semmai di dire di no; altri non si capisce cosa ci stiano a fare: in quali contesti passare, malignare, sparlare, reputare, officiare, decantare, discorrere, disdegnare sarebbero sinonimi di dire (discorrere semmai sarà sinonimo di parlare)? Per finire, ci sono verbi da cui conviene stare alla larga fin da piccoli: ribadire, palesare, l’orrido relazionare (nemmeno questo si può usare al posto di dire, tra l’altro).

Insomma, una lista del genere amplifica i problemi che hanno sempre avuto i dizionari dei sinonimi. Un elenco serve a ben poco, se ogni parola non è accompagnata da esempi che ne chiariscano il significato, la costruzione, il registro. Volete fare danni con quella lista? Inculcate nei ragazzi l’idea che dire sia un verbo povero e banale, da usare il meno possibile. A questo punto, pur di non usare o non ripetere dire, i ragazzi sceglieranno una parola a caso nell’elenco, scrivendo magari, al posto di “Dio disse: ‘Sia la luce!’”, qualcosa come “Dio proferì: ‘Sia la luce!’” o “Dio enunciò: ‘Sia la luce!’” o addirittura “Dio smentì: ‘Sia la luce!’”.

 

Anche al netto delle assurdità delle 100 parole colorate (c’è anche, ed è pure peggio, la lista di quelle da usare al posto di fare), i sinonimi vanno maneggiati con cura. Si può sostenere che, in senso stretto, i sinonimi perfetti non esistono (o almeno sono molto rari). Esistono parole i cui usi e significati si sovrappongono parzialmente, e che esprimono concetti simili in modo più generale o più specifico, oppure sono adatte a registri e contesti diversi. Per questo va benissimo lavorare a scuola sui “sinonimi” (le virgolette sono necessarie) ma per tutt’altre ragioni.

 

Quando dobbiamo cercare un “sinonimo”?

– Quando ci serve la parola giusta, quella che esprime nel modo più preciso ed efficace la realtà che vogliamo comunicare.

– Quando dobbiamo adeguare il nostro scritto al registro (più informale o più elevato) che abbiamo scelto.

– Quando vogliamo evitare frasi fatte, cliché, parole vuote (per esempio shock, stress, l’aggettivo carino…).

– Quando occorre eliminare una ripetizione veramente molesta.

– Quando vogliamo essere espressivi, per colpire chi ci legge o ascolta

 

Volete arricchire davvero il lessico dei ragazzi (o il vostro)? Provate con esercizi come questi.

 

Trovate il verbo preciso per indicare il rumore prodotto dalle cose elencate qui sotto:

1) un cancello arrugginito

2) il gesso sulla lavagna

3) le assi di legno di un vecchio pavimento

4) la cipolla nell’olio bollente

5) la legna nel fuoco

6) la frusta di un domatore, agitata in aria

7) i chicchi di mais mentre diventano popcorn

 

Se l’esercizio vi pare troppo difficile, i verbi da associare sono (possono essere) questi:

a) scoppiettare

b) sfrigolare

c) crepitare

d) cigolare

e) stridere

f) schioccare

g) scricchiolare

 

Oppure mostrate qualche esempio di “gradazioni espressive” usando parole più vivide o meno comuni:

 

Non mi piace l’aceto.

◊ L’aceto mi disgusta.

◊◊ Aborro l’aceto.

◊◊◊ Orripilo al pensiero di essere sfiorato da una goccia di aceto.

 

Ha rotto il servizio di piatti.

◊ Ha frantumato il servizio di piatti.

◊◊ Ha disintegrato il servizio di piatti.

◊◊◊ Ha fatto esplodere contro la parete tutti i piatti del servizio.

 

Poi proponete questo esercizio:

 

Sostituite con “sinonimi” più espressivi le parole in neretto nelle frasi seguenti, e osservate come cambia il senso e l’impatto della frase. Nei due elenchi dopo le frasi trovate verbi e nomi che possono essere utilizzati per le sostituzioni (attenzione: non tutti vanno bene; ma per ciascuna frase avrete comunque varie possibilità, e se preferite potete scegliere altri nomi e verbi che vi sembrano adatti; in qualche caso sarà necessario modificare la costruzione).

 

– Siamo stati sconfitti.

Hanno camminato sotto il sole per due ore.

– Le piace molto George Clooney.

– Un gruppo di tifosi ha danneggiato la stazione.

– Gli ospiti hanno bevuto una gran quantità di spumante.

– Non abbiamo potuto dormire per il gran rumore che facevano al piano di sopra.

 

Verbi:

adorare, andare, annichilire, apprezzare, arrancare, delirare, devastare, giudicare, ledere, marciare, mettere a ferro e fuoco, nuocere, ridicolizzare, scolarsi, sorseggiare, tracannare, trascinarsi, umiliare.

 

Nomi:

baccanale, branco, canicola, casse, cigolio, ettolitri, fiume, folla, frotta, fruscio, gazzarra, masnada, moltitudine, orda, pandemonio, sarabanda, taniche.

 

Naturalmente, non è la stessa cosa dire “Un gruppo di tifosi ha danneggiato la stazione” e “Un’orda di tifosi ha messo a ferro e fuoco la stazione”.

Infatti i sinonimi servono proprio a NON dire la stessa cosa.

 

 

Questo articolo è stato pubblicato su IL LIBRAIO lunedì 10 ottobre 2016.

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