Effettuare, recarsi
Così, nel 1965, Calvino definiva l’antilingua: “l’italiano di chi non sa dire ‘ho fatto’ ma deve dire ‘ho effettuato’”. E ricordate: “dove trionfa l’antilingua, la lingua viene uccisa”.
In un articolo celeberrimo e mai abbastanza citato, uscito sul “Giorno” del 3 febbraio 1965, Italo Calvino se la prendeva con l’“antilingua inesistente” tipica della burocrazia e della politica. Immaginava un interrogatorio in cui un tizio descriveva “nel modo più preciso e senza una parola di troppo” quello che aveva fatto: “Stamattina presto andavo in cantina ad accendere la stufa e ho trovato tutti quei fiaschi di vino dietro la cesta del carbone. Ne ho preso uno per bermelo a cena. Non ne sapevo niente che la bottiglieria di sopra era stata scassinata. “ Poi il solerte brigadiere, nel suo verbale, traduceva così (in antilingua) l’attacco: “Il sottoscritto essendosi recato nelle prime ore antimeridiane nei locali dello scantinato…”; e al posto di “ne ho preso uno” scriveva: “[dichiara] di aver effettuato l’asportazione di uno dei detti articoli”.
Eccoli qua, immancabili, i due verbi tipici dell’antilingua, effettuare e recarsi. Nessuna persona di retto sentire li userebbe mai, nell’italiano vero. Infatti sono tipiche da un lato della lingua burocratica, e dall’altro di una lingua falsamente elevata, da discorso ufficiale, quella lingua il cui tratto principale, sempre secondo Calvino, è il “terrore semantico”, cioè “la fuga di fronte a ogni vocabolo che abbia di per se stesso un significato”.
Sono parole burocratiche, e infatti il Manuale di stile di Alberto Fioritto (Il Mulino 1997), che intende fornire “strumenti per la semplificazione del linguaggio delle amministrazioni pubbliche”, suggerisce di scegliere andare invece di recarsi (nella tabella che invita a “usare parole comuni”) e quando spinge a “evitare locuzioni con verbi seguiti da sostantivi astratti” una delle sostituzioni citate è cancellare al posto di effettuare la cancellazione. (All’abuso di sostantivi astratti in -zione, tra l’altro, ho già dedicato una puntata di questa rubrica.)
Oltre al terrore semantico, dietro l’uso di effettuare e recarsi c’è l’odio per verbi onesti, chiari e dignitosi come fare e andare. Certo, fare e andare possono essere generici o imprecisi, oppure accumularsi e generare brutte ripetizioni; ma il rimedio è trovare verbi più precisi ed efficaci, non infilare queste parole vuote.
Al posto del verbo effettuare, imparate a usare semmai l’aggettivo effettuale, che significa “reale” e che trovate per esempio nel cap. XV del Principe, quando Machiavelli spiega che il suo scopo è raccontare le cose come stanno, e non come si vorrebbe che fossero:
Ma, sendo l’intento mio scrivere cosa utile a chi la intende, mi è parso più conveniente andare drieto alla verità effettuale della cosa, che alla immaginazione di essa.
Ecco, effettuare e recarsi sono lontani dalla verità effettuale della lingua: sono parole false. Ogni volta che eviterete di usare questi verbi farete un’opera buona. (Visto? “Effettuerete un’opera buona” non si può proprio dire.)
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