Grammatica: la Top 5 degli orrori
Se quello che state per leggere vi eviterà di fare cinque (diffusissimi) errori, questo blog non sarà inutile.
Quali sono gli errori di grammatica più diffusi e più gravi? Una personale Top 5 degli obbrobri mi sembra un buon argomento per inaugurare un blog che parla di grammatica.
5 – Qual’è con l’apostrofo invece di qual è
Nell’italiano di oggi, qual è o qual era si scrivono sempre senza apostrofo. Lasciate pur perdere le ragioni grammaticali (ma se volete saperle scriverò un post per spiegarvele). Basta che ricordiate: mai, mai, mai l’apostrofo dopo qual.
4 – Il condizionale dopo il se (nel periodo ipotetico)
È un erroraccio dire e scrivere: “Se mia nonna avrebbe la pertichetta sarebbe un tram”. Bisogna dire: “Se mia nonna avesse la pertichetta sarebbe un tram”.
Attenzione però: questo vale per il periodo ipotetico; al di fuori, il condizionale dopo il se può essere correttissimo, per esempio quando serve a esprimere il futuro nel passato nel discorso indiretto. Esempio (giusto): “Non sapeva se sarebbe riuscito a partire in tempo”.
3 – C’è ne o c’è n’è al posto di ce n’è
Ci sono molti modi di sbagliare, e uno solo giusto, in frasi come: “Se cerchi il detersivo, ce n’è un fustino in cantina”. Qui la colpa è anche della correzione automatica dei cellulari: se uno scrive ce, spesso se lo ritrova corretto in automatico c’è, anche quando è giusto che resti ce. State attenti.
2 – Questo potrebbe centrare o (peggio ancora) c’entrare
Un’espressione come “Questo non c’entra” significa: “Questo non ci entra (nel discorso)”. Non c’entra il verbo centrare (non ho saputo resistere al gioco di parole). Il vero orrore però colpisce all’infinito: “Questo potrebbe centrare” è sbagliato, e (come ho visto scritto da gente insospettabile) “Questo potrebbe c’entrare” è un abominio che contrasta con una regola elementare della grammatica italiana. Se pensate che un amico possa venire alla vostra festa, direste “Paolo potrebbe esserci” oppure “Paolo potrebbe ci essere”? Quindi dite e scrivete sempre: “Questo potrebbe entrarci”.
1 – Due donne incinta o (peggio ancora) in cinta
Ed eccoci arrivati alla vetta, l’orrore degli orrori. Incinta è un normalissimo aggettivo/participio che deriva da un verbo non più usato, incingere. Quindi: prima di tutto si scrive attaccato, e poi è variabile. Se ci fosse il caso in natura, si direbbe: un uomo incinto, due uomini incinti; e naturalmente, al femminile, una donna è incinta, due donne sono incinte.
E qual è la vostra Top 5 degli errori grammaticali? Mandate le vostre classifiche nei commenti, così arriveremo (insieme) a una Top 10.
Renato Bruno
Gentile Massimo,
ma davvero è così “madornale” mettere un apostrofo in “qual’ è”, dal momento che sia letto che scritto non mostra nessuna differenza con “qual è”? Non riesco a capire perché una distrazione del genere provochi così tanto “orrore” e indignazione! E lo stesso vale per un’altro al posto di un altro. Trovo esagerata la risposta di chi corregge -e io correggo sempre!-, perché mi dà sempre l’impressione chi sia stia e si voglia non prendersi la responsabilità di correggere gli eventuali errori\orrori concettuali che si celano nelle frasi contenenti imperfezioni, sviste o lacune grammatico-sintattiche. Questo non c’entra? Ho l’impressione che da più parti si pretenda stigmatizzare pubblicamente certi presunti gravi errori per non toccare questioni ben più pericolose per la corretta espressione del nostro pensiero – p.e.,l’abuso o la tirannia della preposizione “in” rispetto non solo ai suoi composti articolati nei, nello, nelle, nella, ma anche per lo stato di moto A luogo. Rispetto a “qual’è” l’espressione milanese “Ci vediamo in università” o quella del TGR laziale ” Sciopero in ATAC” è molto ma molto più offensiva alle nostre orecchie di custodi della grammatica italiana.
Grazie a lei per la cortese attenzione.
Renato M. Bruno (editor).
Massimo Birattari
Grazie del suo commento. Naturalmente queste classifiche sono sempre personali (questa è nata da una domanda che mi avevano fatto alla radio). Le sue osservazioni sono interessanti: risponderò in maniera approfondita in uno dei miei prossimi post, citandola (se non le dispiace). Il tempo di stringere qualche vite e girare qualche bullone (il blog è appena nato, bisogna ancora sistemare qualcosina).
Massimo Birattari
Ho finalmente risposto al suo commento, su IL LIBRAIO (http://www.illibraio.it/apostrofo-grammatica-369439/). Nell’articolo spiego perché ho incluso qual’è nella mia classifica. Per quanto riguarda espressioni come “ci vediamo in università” o “sciopero in ATAC”, io personalmente non le metterei tra gli orrori, la prima perché simile a espressioni come “ci vediamo in ufficio”, la seconda perché affine all’uso di non mettere l’articolo quando ci si riferisce a nomi di aziende (“discussioni in Rizzoli”; nel caso dello sciopero io avrei detto “sciopero all’ATAC o dell’ATAC”, ma si sta parlando di uso reale, comune a parlanti consapevoli, contro il quale la grammatica non può molto).
Francesca BB
Per me il peggio da vedere, diffusissimo, è il po’ scritto accentato invece che apostrofato.
Genia Catena
Per me l’errore peggiore, diffusissimo tra i ragazzi, è “glielo detto” al posto di “gliel’ho detto”
Massimo Birattari
Vero, molto diffuso nella “scrittura orale” di sms, chat, Facebook. E chi legge pensa che sia voce del verbo dettare…
Manuela Palumbo
Io rabbrividisco quotidianamente quando sento dire: “ieri sono uscita con mia figlia e GLI ho comprato…”.
Davvero, mi fa orrore…
Massimo Birattari
Se dicesse “CI ho comprato” sarebbe ancora peggio…
Kukuviza
Io invece faccio un po’ fatica a vedere il verbo “avere” coniugato senza le “h”.
Massimo Ciccarelli
Ero convinto (anche perché ricordo una lontana lezione a scuola) che qual è si usasse solo per il maschile, mentre l’uso di qual’è per il femminile fosse la forma corretta (qual è tuo fratello?, qual’è tua sorella?). È invece sbagliato?
Massimo Birattari
Sì, qual è con l’apostrofo oggi è considerato sempre sbagliato. Viene considerato troncamento (come buon uomo) e non elisione (come pover’uomo o un’amica): infatti resta qual anche davanti a una consonante: qual buon vento ti porta e, al femminile, almeno nella lingua della poesia, qual meraviglia. Parlo a lungo della faccenda di qual in questo articolo: https://www.grammaland.it/un-quale-lapostrofo-un-collocquio-col-cq/#more-51227. Grazie dell’attenzione.
Massimo Ciccarelli
Grazie a te, da ora lo terrò presente.
rossa
Il tuo sito è sempre una boccata d’ossigeno (mi sei ricapitato fra i risultati Google e sono appena reduce da un video Youtube in cui una ragazzotta voleva insegnare l’italiano ripetendo continuamente “c’entrare” come infinito di “c’entra”). E in questi tempi bui mi riconforta vedere che anche tu ritieni errore peggiore “c’entrare” rispetto a “centrare” siamo pochissimi…
Massimo Birattari
Il mio sito ahimè è in sonno (dovrò darmi una svegliata). Guarda, io “può centrare” sarei anche disposto ad accettarlo, come “a me colpisce”. “Può c’entrare” invece è per me un caso di scuola su cui sarebbe davvero utile sentire il parere di gente come Sabatini o Serianni: l’uso di parlanti e scriventi colti o addirittura di scrittori (Baricco, Scurati) può sempre modificare le “regole” della grammatica? Anche quando va contro una struttura fondamentale della lingua (le particelle sempre enclitiche con imperativo, infinito, gerundio, participio)? Per me, se nessuno al mondo dirà mai “c’essere”, “c’entrare” non può avere diritto di cittadinanza. Se uno lo dice e gli pare giusto, perché è convinto che il verbo sia diverso da “entrarci”, liberissimo: ma allora DEVE scrivere “centrare”. (Questo non “centra” diventerebbe un caso speculare rispetto all’usignolo – in latino “lusciniolus”, con la L nel nome, poi presa per articolo; ma non sconvolgerebbe una regola morfosintattica tuttora viva e vegeta.)
rossa
Guarda, sarà anche che forse io sono sotto sotto un pochino (ma proprio pochino pochino) presuntuosa (pur riuscendo forse a nasconderlo bene – spero!) e quindi il fatto che finora assolutamente TUTTO quello che ho letto delle tue opinioni e dei tuoi consigli sulla grammatica corrisponda esattamente a quello che penso io mi fa gongolare, ma per questo io ti ho eletto a mio “faro grammatico”; ecco, ora te l’ho detto senza mezzi termini 😀 Se ho qualche qualche dubbio, ormai per me l’unico davvero dirimente è “il Birattari” 😀
Valentina Liberi
Ho finito le elementari nel 63 con tutte le regole grammaticali a posto. Congiuntivi, apostrofi, sintassi, consecutio (!, sì, anche questa). Eppure solo da pochi anni ho imparato a scrivere qual è. Mi sono chiesta il perché di questo strafalciona e mi sono ricordata che allora non ci si badava, non mi fu insegnato come errore blu, tutt’al più rosso… forse perché, come lei ci racconta, fino a in certo punto fu usato in maniera disinvolta e data la mia età e quella della mia maestra, si parla dei primi del Novecento e di licenze grammaticali e lessicali poi scomparse. Che ne pensa, potrebbe essere così?
Massimo Birattari
Sì, le cose stanno così. Oppure si può pensare che sia cambiata l’interpretazione della regola (che cioè tra fine Ottocento e inizio Novecento si preferisse interpretare la caduta della vocale finale come elisione). Ne parlo anche in questo articolo:
https://www.grammaland.it/un-quale-lapostrofo-un-collocquio-col-cq/
Daniele Tacconi
L’errore che invece a me dà particolarmente fastidio é quando scrivono: “sono andato a lavoro/ sono andato a mare”. Lei che ne pensa?
Massimo Birattari
Anche a me non piacciono quelle forme, ma invito all’indulgenza. Questo viene considerato di solito un errore “romano” (Andreotti diceva e scriveva “a studio”, “a studio mio”), così come sono considerati errori “milanesi” “ci vediamo settimana prossima” o il “piuttosto che” disgiuntivo -inclusivo. Invito all’indulgenza perché queste forme sono vicine ad altre del tutto regolari (vado a scuola, a teatro; ci vediamo giovedì prossimo). Quindi di solito dico: nel parlato informale (che comprende anche i messaggi via cellulare), uno faccia come crede; in quello sorvegliato e nello scritto bisogna ricordarsi che quelle sono forme regionali, non italiano standard.
Daniele Tacconi
Grazie per la sua risposta puntuale ed esaustiva.
Viviana Patscheider
A cui invece di cui (cui è già un dativo). Gli invece di le (a lui, a lei, loro).
Se partiva, arrivava oggi (obbrobrio!!!)
Massimo Birattari
Lei è troppo severa. Gli per le è un errore, non si discute (ma gli per loro è un altro paio di maniche). Cui, da solo, è proprio di una lingua elevata; in molti registri a cui è di fatto obbligatorio, o comunque la scelta normale. Sull’imperfetto indicativo al posto del congiuntivo nel periodo ipotetico: nello scritto non va bene, in un parlato informale, o in uno scritto che ricalca il parlato, è umano (e anche più efficace, talvolta) dire “se lo sapevo non venivo”.
Lidia Lucia
L’hanno già citato “uscire il cane”? Sentirlo mi fa rabbrividire, scriverlo mi ha dato un principio di orticaria…
Massimo Birattari
È un uso tipico del parlato regionale meridionale, così come nel parlato regionale settentrionale si dice “Maestra, Mario mi scherza” (nel senso di “mi prende in giro”). Non è italiano standard.
Gina Menegazzi
Laddove (avversativo) usato al posto di là dove (in quel luogo in cui) (Andiamo laddove ci sono quelle rovine) . Lo trovo talmente spesso che comincio a dubitare sia una mia fisima.
Massimo Birattari
In verità, per i dizionari non ci sarebbe una differenza di significato tra laddove e là dove (lo Zingarelli dice che la forma staccata si usa “specialmente” nel significato di “in quel luogo in cui”). Quindi nella sua frase laddove con la grafia unita non sarebbe sbagliato. Detto questo, anch’io lo trovo strano. Potremmo anche concludere che, in fondo, considerare errore scrivere “tutto apposto” è abbastanza arbitrario… (Sia chiaro, bisogna scrivere “tutto a posto”, ma non c’ nessuna ragione, se non l’uso codificato, per cui apposta è giusto e apposto sbagliato.)